La riforma costituzionale della giustizia segna una svolta storica: ecco cosa cambierà davvero nell’assetto del potere giudiziario.
Riforma costituzionale della giustizia: a che punto è e cosa cambierà in caso di definitiva approvazione
Il 18 settembre 2025 Parlamento ha compiuto un passo rilevante nel processo di revisione costituzionale in tema di ordinamento giudiziario, approvando in seconda lettura alla Camera la riforma, ideata e promossa dal Governo Meloni, che tocca il cuore del potere giudiziario, proponendosi di trasformarlo profondamente. Il disegno di legge costituzionale C. 1917-B, di iniziativa governativa, modifica infatti diversi articoli del Titolo IV della Costituzione con l’obiettivo primario di introdurre una netta separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistrature requirente.
Il progetto di legge di revisione costituzionale C. 1917-B è tornato all’esame dellaCamera dopo essere stato approvato, nella seduta del 22 luglio 2025, dall’Assemblea del Senato nell’identico testo approvato in prima lettura dall’Assemblea della Camera, il 16 gennaio 2025. Questo testo, a sua volta, non risultava modificato rispetto al progetto di legge di iniziativa governativa C. 1917, adottato come testo base dalla I CommissioneAffari costituzionali della Camera il 6 ottobre 2024. Si tratta dunque della seconda deliberazione prevista dall’articolo 138 della Costituzione che prevede, come tappa finale, il referendum costituzionale.
Il disegno di legge costituzionale, composto da otto articoli, modifica diversi punti dellaCarta: gli articoli 87, 102, 106, 107 e 110, e sostituisce integralmente gli articoli 104 e 105.
Due carriere separate
Il pilastro fondamentale della riforma, che ha creato tanto scompiglio in aula e nel dibattito pubblico negli ulimi mesi, è certamente l’intervento sull’articolo 102 della Costituzione, che oggi parla genericamente di “magistrati ordinari”. Il nuovo testo chiarisce che la funzione giurisdizionale continuerà ad essere esercitata da magistrati ordinari, ma organizzati in due carriere nettamente distinte: quella dei giudici e quella dei pubblici ministeri. È un passaggio che sancisce a livello costituzionale un principio spesso discusso negli ultimi decenni: distinguere chiaramente chi giudica da chi esercita l’azione penale, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare l’imparzialità e l’indipendenza del giudice rispetto alla parte pubblica del processo.
Dal Consiglio superiore della magistratura ai due Consigli distinti
L’importante riflesso della separazione dei due organi riguarda la struttura di autogoverno della magistratura. Finora, infatti, un unico organo, il Consiglio superiore della magistratura (CSM, regolato dall’art. 104 Costituzione), presieduto dal Capo dello Stato, è competente per tutti i magistrati. La riforma, al contrario, mira ad istituire due Consigli paralleli:
– il Consiglio superiore della magistratura giudicante, che avrà competenza sui giudici;
– il Consiglio superiore della magistratura requirente, che si occuperà solo dei pubblici ministeri.
Entrambi saranno presieduti, come già avviene, dal Presidente della Repubblica e avranno una composizione simile: ne faranno parte di diritto il Primo Presidente della Corte di Cassazione per il Consiglio giudicante ed il Procuratore generale della Cassazione per quello requirente. Gli altri componenti saranno in parte magistrati, estratti a sorte, e in parte professori ed avvocati con lunga esperienza, scelti anch’essi tramite sorteggio (al fine, secondo il Governo, di ridurre i rischi di corporativismo e bilanciare la rappresentanza togata e quella laica) da un elenco predisposto dal Parlamento in seduta comune.
La nascita dell’Alta Corte disciplinare
Accanto ai due Consigli viene istituito un nuovo organo: l’Alta Corte disciplinare. A essa spetterà la giurisdizione disciplinare su tutti i magistrati, tanto giudicanti quanto requirenti. Sarà composta da quindici membri, con un meccanismo di selezione misto: alcuni nominati dal Presidente della Repubblica, altri sorteggiati da elenchi di professori e avvocati scelti dal Parlamento, altri ancora estratti tra magistrati con lunga esperienza. Il presidente dell’Alta Corte sarà individuato tra i membri nominati o sorteggiati dal Parlamento. Le sue decisioni potranno essere impugnate, ma sempre dinnanzi alla stessa Alta Corte, con una composizione diversa rispetto a quella che ha giudicato in primo grado.
Le altre modifiche costituzionali
La riforma coinvolge anche altri articoli della Carta. L’articolo 106, ad esempio, preciserà che l’accesso alla magistratura rimane regolato dal concorso pubblico, ma con nuove possibilità per il conferimento delle funzioni di Cassazione anche ai magistrati requirenti con adeguata anzianità di servizio. L’articolo 107, invece, viene aggiornato per adattare la disciplina dell’azione disciplinare alla nuova presenza dell’Alta Corte.
Nel complesso, le modifiche cercano di mantenere saldi i principi di autonomia e indipendenza della magistratura, ma con un impianto istituzionale rinnovato e più articolato.
Le ragioni della riforma
Secondo i promotori della riforma, la separazione delle carriere serve a evitare “commistioni” tra giudici e pubblici ministeri e a rafforzare le garanzie di terzietà.
Il giudice, in questo assetto, è collocato in una carriera distinta e autonoma rispetto al pubblico ministero, che a sua volta mantiene la titolarità dell’azione penale ma senza più la possibilità di passare agevolmente all’altro ruolo nel corso della carriera.
La nascita di due Consigli superiori separati e di un’Alta Corte disciplinare mirerebbe inoltre a ridurre concentrazioni di potere e a rendere più trasparente e imparziale la gestione delle carriere e delle sanzioni.
Le critiche e i rischi evidenziati nel dibattito
Il percorso parlamentare non è stato privo di tensioni. Una parte della dottrina e dell’opposizione ha sollevato dubbi sul rischio che la separazione delle carriere finisca per avvicinare troppo il pubblico ministero al potere esecutivo, indebolendo l’autonomia che la Costituzione del 1948 aveva voluto garantire.
La scelta del sorteggio come meccanismo di selezione dei componenti dei Consigli superiori è stata a sua volta criticata perché considerata potenzialmente arbitraria e poco rappresentativa.
Quanto all’Alta Corte disciplinare, alcuni osservatori temono che possa trasformarsi in un organo eccessivamente burocratico e con tempi di giudizio più lunghi, senza assicurare un effettivo miglioramento rispetto al sistema attuale. In generale, la principale preoccupazione emersa nel dibattito è che una riforma pensata per rafforzare l’imparzialità dei giudici possa, paradossalmente, creare nuove forme di squilibrio nei rapporti tra i poteri dello Stato.
Una riforma di sistema
Come è evidente, non si tratta quindi di un intervento marginale, ma di una riforma di sistema, che travolge l’assetto complessivo della magistratura. L’ordinamento italiano, che dalla Costituente aveva optato per un unico corpo unitario, viene ora ripensato su basi nuove. Rimane ferma l’idea della magistratura come “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, ma quell’ordine viene d’ora in avanti articolato in due percorsi separati, con organi propri e una disciplina più rigorosa.
Ora, non resta che aspettare l’esito della seconda votazione all’Assemblea del Senato, prevista per le prossime settimane, e poi l’esito del referendum che, secondo il Ministro della Giustizia Nordio, potrebbe tenersi intorno al mese di marzo 2027.
