Manuela Di Centa: “ognuno di noi ha il proprio Everest da scalare”
Manuela di Centa: “ognuno di noi ha il proprio Everest da scalare”. Con queste parole si è conclusa, in questi giorni di didattica a distanza, la video-conferenza che la campionessa olimpica ai XVII Giochi Olimpici Invernali di Lillehammer del 1994 ha tenuto a studenti di alcune classi di terza media e alla quale ho avuto il piacere di partecipare. Un messaggio di crescita e di speranza, un incentivo per questi studenti a non fermarsi dinnanzi alle difficoltà che stanno affrontando in questo particolare periodo storico, ma, soprattutto, un invito a non arrendersi mai dinnanzi alle innumerevoli incertezze che incontreranno nell’arco della loro esistenza. Una metafora che Manuela regala, come in una staffetta olimpica, alle nuove generazioni, un seme che si spera possa germogliare in loro. In quasi due ore di diretta live, ha parlato della sua terra, la Carnia, della sua infanzia, dei suoi genitori, che l’hanno sempre supportata nelle scelte, della nonna Irma, dei suoi valori, della sua voglia di non arrendersi mai difronte alle banali convenzioni della società, e ha narrato la sua avventura del 2003, la scalata del monte Everest, avvenuta con il progetto Everest Speed Expedition, proprio nel cinquantesimo anniversario della conquista della vetta più alta del mondo. Partendo dalle proprie origini, dalle proprie radici, dalla base della sua montagna esistenziale, ha ripercorso le tappe, gli innumerevoli sacrifici fisici e mentali, che l’hanno portata sulla vetta dell’Everest e le hanno permesso di sfiorare quasi le stelle e vedere il sorgere del sole in un graduale e mozzafiato passaggio di colori. “Il sole è vita” ha detto agli studenti, che la stavano ascoltando, e ha aggiunto che “per arrivare in cima all’Everest bisogna prima di tutto allenarsi dentro se stessi, con una grande forza di pensiero”. Sì, perché “l’Everest non è una vittoria, è la storia”. La montagna è silenzio, silenzio che parla ad ognuno di noi e che mette a dura prova le certezze che si hanno, come sta avvenendo in questi giorni di isolamento, in cui ci si sente disarmati; ma è anche il luogo della sfida fisica e mentale, perché ognuno di noi sta affrontando la propria montagna, il proprio Everest, e lo sta scalando, con la giusta dose di paura, quella che Manuela Di Centa definisce una paura sana, consapevole, e il giusto coraggio.
In ogni caso, dall’assoluto ed inconsueto silenzio dei ragazzi, è chiaro che Manuela abbia raggiunto la vetta anche questa volta.