La Professione Docente ai tempi del COVID-19
La figura dell’insegnante oltre le norme. Come il Covid-19 ha modificato l’essere Docente.
Con l’insorgere della crisi sanitaria e il conseguente susseguirsi di decisioni e norme politiche, la scuola si è dimostrata quanto mai consapevole del proprio ruolo educativo e sociale. Ma vi è un aspetto fondamentale da ribadire: tutto questo è avvenuto grazie alla responsabilità professionale dei singoli docenti. Tralascio tutte le implicazioni contrattuali e sindacali, che non sono oggetto in questa sede di analisi, perché quello su cui vorrei soffermarmi è il valore della professione docente, che, proprio in seguito alla pandemia è, a mio avviso, emersa in modo preponderante e dirompente.
A livello normativo, mi limito a citare il D.L. 297/94, art. 395, comma 1, che intende la funzione docente “come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo all’elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità”, e l’art. 26 del CCNL, il quale pone l’attenzione sul fatto che “la funzione docente realizza il processo di insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni, sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e gradi dell’istruzione”.
Tuttavia non sono servite le norme portanti per disciplinare l’attività lavorativa degli insegnanti, perché la professione docente è altro dalla mera e asettica regolamentazione giuridica e contrattuale. La professione docente è prima di tutto un orientamento etico e morale. La necessità di trasmettere – perché ancora, a mio avviso, non si deve rinunciare a questa missione – e di costruire il sapere insieme ai propri studenti sono aspetti portanti del lavoro di ogni insegnante.
Ed è proprio per questo che la chiusura delle scuole, il vuoto e il silenzio delle aule sono stati avvertiti dagli alunni e dagli insegnati non solo come assenza, ma come una vera e propria mancanza. La mancanza, proprio, dello stare insieme, della trasmissione reciproca dei poliedrici saperi disciplinari ed umani.
A questo è seguita una istantanea necessità di colmare questo vuoto, questo silenzio, e di costruire una nuova rete di rapporti e di contatti. Come? Mediante l’utilizzo della tecnologia. Corsi di aggiornamento, tutorial, registri elettronici, superamento di vecchi paradigmi didattici, creazione di piattaforme da parte dei docenti; scoperta consapevole e critica delle funzioni tecnologiche da parte degli alunni. E, alla fine, il contatto in videoconferenza: timide domande da parte degli insegnanti, per rompere il silenzio e l’imbarazzo creato da una situazione del tutto nuova, mai vissuta prima; risposte stentate da parte di alunni dagli sguardi persi, la loro timida voglia di parlare, di raccontare la loro incredulità.
Il silenzio assordante del pianeta scuola è stato lentamente sconfitto dai suoi protagonisti principali, dalla loro voglia di andare avanti, dalla loro necessità di riallacciare le connessioni momentaneamente interrotte dalla pandemia. Perché la costruzione del sapere ha bisogno di questo: necessità di costante contatto, di crescita condivisa da parte di tutti i protagonisti del processo di costruzione del sapere e del futuro di un popolo. Ma, soprattutto, necessita, come appunto dimostrato dai docenti in questo periodo, di insegnanti che, consapevoli della professione docente e della loro dignità sociale, costruiscano e forniscano “un’educazione di qualità, equa e inclusiva”, promuovendo “opportunità di apprendimento permanente per tutti” (Agenda 2030).