Contagio e responsabilità dei datori di lavoro, obblighi chiari o è il caos
Il DL Rilancio non traccia linee guida precise in materia di responsabilità in caso di contagio da Covid-19. In questo caso il rischio di confusione è enorme con conseguenze disastrose.
Si fa strada l’ipotesi, già avallata dall’Inail, e da alcuni passi delle normative emergenziali, che il contagio da Covid-19 di un lavoratore possa configurare responsabilità del suo datore di lavoro.
L’ipotesi è concreta sia sotto il profilo civile, ai sensi della responsabilità generale per danni cagionati, che penale si sensi degli articoli 589 e 590 del c.p.
Le circolari INAIL configurano addirittura il contagio in itinere quale ipotesi di infortunio sul lavoro, alla stregua dell’incidente stradale del lavoratore nel tragitto abitazione-azienda.
La congettura è aberrante perché non si vede quale responsabilità possa avere, e come possa influire su di essa il datore di lavoro durante il tragitto del lavoratore.
E a ben vedere non si vede quale prova possa essere fornita del c.d. nesso causale contagio-lavoro anche in tutte le altre ipotesi di infezione.
Di certo il contagio può essere avvenuto ovunque e ricercare il momento esatto risulta allo stato una impresa impossibile.
Non crediamo ci sia possibilità, dunque, di fornire agevolmente la prova di colpevolezza del datore di lavoro al di fuori di alcuni casi limite. Ciò però non è un sollievo, poiché apre le porte a un processo dall’esito incerto e a percorsi tortuosi sia per il danneggiato che per l’impresa.
Ciò che non si comprende è il motivo per il quale non vi sia a tutt’oggi, trascorsi oramai oltre due mesi dalle chiusure forzate, un protocollo preciso per le misure di protezione che il datore di lavoro deve allestire.
Al di là di accordi sindacali e interviste sui giornali, dunque, manca un codice chiaro delle misure da prendere obbligatoriamente, e di quelle facoltative che ogni impresa vorrà aggiungere.
Si sente un gran parlare di sanificazioni, prodotti e dispositivi di protezione, pullulano pubblicità di aziende specializzate, ma tutto senza una chiara norma di riferimento, e in queste condizioni si sa benissimo che ogni evento verrà giudicato dai tribunali senza punti di riferimento e quindi con ampia discrezionalità dell’autorità giudiziaria.
Proprio ciò di cui, adesso, l’impresa italiana, in bilico tra riaprire o no e in che modo, non ha bisogno.
Stupisce davvero che commissioni di centinaia di esperti impieghino tanto tempo a pronunciarsi, mentre le attività iniziano a riaprire e i casi concreti potrebbero già verificarsi.
Su tale campo non si può prescindere da certezze assolute, indicazione precise sulle misure da intraprendere, relativi costi, e partecipazione dello Stato al relativo sostenimento.
Ogni impresa deve poter fare i suoi precisi calcoli.